alfredo rienzi
- 10/05/2016 10:28:00
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Ah, Leopoldo...alla mia (scarsa) memoria non sovviene nessunaltra lirica scaturita dallafrore di cavolfiore, ma penso sia salutare, per riequilibrare, un infinitesimo, nellagone delle parole lo schiacciante rapporto tra rosacee e brassicaceae..
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Nando
- 10/05/2016 07:00:00
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Il colpo di reni su cui si fonda il discorso poetico, che rivela il tocco autorale di arte e sentimento di qualità magisteriale, è tutto nella contrapposizione del cavolfiore alla rosa, che metaforizza della condizione umana, qui della relazione amorosa più coniugale che neoromantica, il dualismo ideale-realtà, cielo agonizzato e irrangiungibile, terra in ciò che concretamente siamo; ma sempre del poeta è la "salvezza", anche quando disperante e qui, lAutore, con talento e maturità umana e artistica, lascia filtrare un raggio luminoso, salva limmagine di una finitudine umana schiusa allimpressione, ancorché non creduta o incerta o " prigioniera"_di quel lalternarsi continuo e senza tempo di colore e sofferenza (notare che non oppone al dolore la gioia ma il colore, ciò meriterebbe un commento a parte, poiché è una selezione di parola particolarmente significativa) nella contesa tra la rosa profumata e lortaggio maleodorante della nostra terrestrità. Terrestrità che è la parola su cui poggia il proprio discorso questa poesia, che ha però nellesperienza relazionale dei due il punto di fuga, la prospettiva di un orizzonte dimmanenze pur sempre amabili, che siano di colore o di dolore.
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